Apr 8, 2009

FAR ITALY / ITALIA LONTANA


Once this blog entry is published, it will be time for me to leave Oporto and move to Lisbon, Portugal. And for the first time in this journey I’ll be sleeping at a hostel.
Taking a step back, since the time I moved to Berlin my head has been focusing on everything but Italy. As I was still there I was reading the newspaper everyday, but then I had plenty of things to do to manage the change as well as my new life on my own, and between more important and tiny aspects I had other priorities. Right now I haven’t got a clear view on this Berlusconi’s government, on the real effects of the economic crisis and, to be totally, harshly honest, the first feeling* after getting the news of the earthquake was like “Just another one”.

Then I stopped a moment and realized it’s my Country, and no doubt that if it all happened 700km northern, in my town, I would have quit this trip to get back and do anything necessary to concretely help my people. But as said, my town is 700km far away, furthermore in this very moment I’m more than 2000km away from it and additionally I’ve been out of my Country for a while. The previous sentences have got some “my”, but writing them I felt they’re not so strong as they could have been before, or as they could be for those who have been living their entire life in the same place they were born. The power of my “my” has been changing since I left Italy: when it’s geographically related, it’s fading. But on the contrary, I’m realizing it’s getting stronger and stronger when it’s related to the people I love, and I’m happy for it. Happy because (I’m not joking) more than once I saw people being cut out, being almost treated as strangers by those who were their friends just because they had been away from their usual meeting place and relative habits for some time. That’s just horrible and provincial-minded, and I’m happy to see I didn’t limit myself to grow as such a person.

For plenty of people I know, the connotation of the word “my” is strictly and priory related to places and habits like rituals to be preserved to the excess. To me, instead, “what’s mine” is getting weaker while “who’s mine” is getting more and more important.

*I know and feel it’s a tragedy, of course. But reason comes slightly later than the pure instinct which decides the first reaction. I just wanted to avoid the usual hypocrisy bath we see everytime in front of such situations.
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Una volta pubblicato questo post sarà ora di lasciare Porto e muovermi verso Lisbona, dove per la prima volta in questo viaggio alloggerò in un ostello.
Facendo un passo indietro, da quando mi sono spostato a Berlino la mia testa si è concentrata su tutto tranne che sull’Italia. Quando ancora ero là leggevo il quotidiano ogni giorno, poi invece ho avuto moltissimo da fare per gestire il cambiamento in se stesso così come anche la novità della vita per conto mio e tra cose più piccole o più importanti le priorità sono state altre. Ora come ora non ho un’idea chiara sull’attuale governo Berlusconi, sulle reali ripercussioni della crisi economica e, per essere totalmente –e duramente- onesto, la prima reazione* alla notizia del terremoto è stata molto simile a un “E’ uno come mille altri”.

Poi mi sono fermato un momento e ho realizzato che si tratta della mia Nazione e senza dubbio se fosse capitato 700km più a nord, al mio paese, avrei chiuso questo viaggio per tornare e dare una mano concreta alla mia gente. Ma come detto, il mio paese è distante 700km dall’accaduto, in più in questo momento io sono 2000km lontano da esso e oltretutto è diverso tempo che sono via dalla mia Nazione. Nelle frasi precedenti ho usato degli aggettivi possessivi, ma scrivendoli ho sentito che non sono forti come avrebbero potuto essere prima, o come potrebbero essere quelli usati da una persona rimasta a vivere tutta la vita nel posto in cui è nata. La forza dei miei aggettivi possessivi è cambiata da quando sono partito dall’Italia: se collegata ad un concetto geografico, sta sbiadendo; se collegata ai miei affetti, sta crescendo e ne sono felice. Felice perché –e non scherzo- più di una volta ho visto persone venir tagliate fuori, trattate quasi come estranei da quelli che erano gli amici solo perché si erano allontanati per qualche tempo dal classico luogo d’incontro e relative abitudini. Reputo cose del genere di grande bassezza e chiusura mentale, e sono contento di vedere che non mi sono autolimitato a crescere in tale maniera.

Per molti che conosco la connotazione della parola “mio” è strettamente e prioritariamente legata a posti e abitudini come rituali da preservare fino all’eccesso. Per me invece “cosa è mio” sta perdendo importanza, mentre “chi è mio” ne sta acquisendo sempre di più.

*So e sento che è una tragedia, ci mancherebbe altro. Ma la ragione subentra un attimo dopo del puro istinto che detta la prima reazione. Ho scritto cercando di evitare il solito bagno d’ipocrisia legato a tali eventi.
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3 comments:

  1. Beh, direi che è abbastanza normale.
    Ti dirò di più: quando anni fa c'è stato il terremoto che ha coinvolto l'Umbria non mi ero nemmeno sconvolto più di quel tanto. Questa volta, per L'Aquila ho dato la mia disponibilità immediata a partire come volontario.

    Questo perché? Perché a L'Aquila ed all'Abruzzo sono legato per dei miei trascorsi di qualche anno fa. Perché L'Aquila la conosco bene, perché ho dei ricordi lasciati laggiù (oltretutto uno di quelli più importanti è rimasto sotterrato da una palazzina in via Sant'Andrea - ironia della sorte...).

    Oltre a questo ieri sera nell'elenco ufficiale dei defunti è comparso un nome che mi è familiare e mi auguro che sia solo un caso di omonimia.

    Vedi, un terremoto lì è stato come se fosse successo a Seregno o a Cesano Maderno, dove sono nato, cresciuto, ho amici, ricordi... è assolutamente normale per me voler correre e assolutamente normale per te esserne piuttosto indifferente. Ti capisco benissimo perché io ho provato e ancora proverò cose di questo tipo nella mia vita.

    Di una cosa sola sono certo: quando sarò ben stabilito in quella che spero diventerà la mia seconda patria, inizierò a fare del volontariato perché mai come in questi giorni mi sono sentito inutile nei confronti di un luogo e di una popolazione che amo.

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  2. Condivido.
    Nel mentre già ti faccio una grnade in bocca al lupo per la TUA futura avventura. Ogni persona col coraggio di rivoluzionare la propria vita dovrebbe poter trovare una possibilità concreta.
    ;-)

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  3. Guarda, non credo sia questione di coraggio, è più un fatto di raggiungimento del limite della sopportazione.
    Purtroppo, si hai letto bene, sono praticamente costretto ad emigrare per fare il mio lavoro o anche per cambiarlo.
    Mi dispiace lasciare l'Italia, soprattutto per gli amici, per i miei gatti, per i miei però devo se voglio vivere in un modo decente la mia vita.

    Non è questione di coraggio: se non lo faccio adesso non potrò farlo mai più.

    Crepi il lupo e tutto il branco.

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